In questa guida spieghiamo come coltivare il farro.
Dalla televisione ai giornali sempre più spesso si sta parlando di un ritorno all’agricoltura tra le generazioni più giovani. Il fatto è che, prestando attenzione alla qualità del cibo e dei prodotti naturali, la terra e i suoi frutti sono tornati prepotentemente in primo piano nella nostra vita. Ci sembra opportuno, dunque, interrogarci su come sia possibile portare a fine alcune coltivazioni. In questo caso specifico, poi, ci concentreremo sulla coltura del farro, cercando di sintetizzare i vantaggi e le difficoltà da affrontare per ottenere un raccolto interessante.
Prima di addentrarci nei passaggi più tecnici, però, specifichiamo di cosa stiamo parlando. Il farro, anche detto Triticum turgidum ssp. Dicoccon, è una graminacea. Questo cereale, rustico e resistente, non è molto coltivato ma è di grande interesse per l’agricoltura. Si tratta di una coltura molto forte che è in grado di adattarsi bene a diversi tipi di terreno, senza che si riscontrino differenze significative nella produzione. Inoltre si tratta di un cereale a ciclo autunno vernino. In parole povere ci troviamo di fronte a una coltura che sopporta bene il freddo invernale.
A questo punto andiamo a vedere da vicino i particolari sulla coltivazione. Il farro, solitamente, si inserisce nell’agricoltura a rotazione in sostituzione del frumento, quindi dopo una coltura da rinnovo, mais, patata, girasole o pomodoro, o miglioratrice, leguminose. Per quanto riguarda la preparazione del terreno, invece, questo richiede una lavorazione minima, visto la robustezza e rusticità del farro. Questo, per gli agricoltori alle prime armi, vuol dire che è sufficiente una ripuntatura e un’erpicatura con successiva semina.
Il periodo migliore per seminare questo cereale è lo stesso del grano tenero, ossia ottobre. Ma anche le semine effettuate a dicembre hanno dato dei risultati eccellenti. Il che significa che un ritardo non è sicuramente un danno. Ricordate, però, che nel caso del farro va utilizzato un seme vestito, con questo intendiamo un seme ancora avvolto dalle glume, foglie modificate che ricoprono il seme. Attenzione, però, la presenza del glume potrebbe provocare difficoltà di semina in alcuni modelli di seminatrice che non consentono una distribuzione uniforme di questo tipo di prodotto. Per questo motivo, è consigliabile sempre controllare il funzionamento delle attrezzature per evitare dei problemi nella semina con successive predite di produzione.
Come abbiamo già accennato, il farro è una coltura molto forte, il che significa che non è facilmente attaccabile e che per questo non richiede particolare attenzioni. Questo significa che si tratta di un cereale competitivo e non presenta problemi di inerbimento, neanche nelle annate nelle quali le condizioni meteorologiche favoriscono la presenza di infestanti. Anche la difesa da insetti e malattie fungine non è problematica, visto che non sono quasi mai richiesti interventi di lotta, e, per finire, non richiede nemmeno dell’irrigazione. Da questi pochi elementi è più che evidente quanto positivo sia, dal punto di vista economico e di impegno temporale, impegnarsi in questa coltivazione specifica.
Per confermare il concetto, il farro non prevede alcuna concimazione, prima della semina e in copertura. Infatti la concimazione azotata può predisporre il farro all’allettamento. Si tratta di un fenomeno per il quale la pianta tende a piegarsi sul fusto, arrivando anche a coricarsi sul terreno. Se, però, doveste notare l’ingiallimento delle foglie durante il mese di febbraio, ossia il periodo in cui il farro si trova nella fase di accrescimento, può essere applicata una concimazione azotata. Attenzione, però, a non superare i 50 kg di azoto per ettaro, e ricordate, solo nel caso di terreni molto poveri, può essere fatta una concimazione durante le lavorazioni di preparazione del terreno con fosforo nella proporzione di 60 o 80 kg per ettaro.
Coltivare il farro è quindi molto semplice.