In questa guida spieghiamo come e quando potare il pero.
Insieme alle mele, le pere sono la frutta autunnale e invernale più conosciuta e utilizzata. Non è un caso, infatti, che la coltivazione sia diffusa su grande parte del territorio italiano, portando alla produzioni di vari tipi di frutto. Nel caso, dunque, siate particolarmente golosi di pere tanto da volere avere il vostro albero personale, vediamo come procedere con i vari tipi di potatura necessari per formare la struttura della pianta e la sua successiva produzione. Iniziamo, dunque, con l’andare a considerare la struttura stessa del pero. Per prima cosa è necessario sapere che ci troviamo davanti a una pianta dallo sviluppo verticale che, oltretutto, tende anche a produrre un certo numero di succhioni. Questi, in particolare, si trovano sui rami giovani, di età compresa tra i due e i tre anni. Dunque, le attività di potatura, almeno nei primi tempi, dovranno concentrarsi proprio su questi elementi.
Detto questo, poi, bisogna considerare alcune regole essenziali per effettuare un’ottima potatura del pero. Per prima cosa, è fondamentale agire con tagli sempre più netti con l’aumentare dell’età della pianta. Questo, essenzialmente, dipende dal fatto che i rami di oltre quattro anni di età hanno una produzione sempre più limitata. Per lo stesso motivo i rami giovani, in particolare quelli di un anno, non devono essere toccati. La seconda regola da considerare riguarda le gemme. Bisogna ricordare, infatti, che non tutte sono fertili. Quindi, prima di potare, è necessario aspettare che queste si gonfino. Solo in questo modo è possibile capire a quale altezza tagliare il ramo per tenere vive un certo numero di gemme. Fatto questo, è la volta di concentrarsi sul terzo passo, ossia evitare che i rami produttivi si sviluppino troppo in lunghezza. Questo controllo deve essere fatto sia per dei motivi di produttività che per evitare che la pianta sia troppo ingombrante.
A questo punto andiamo a vedere nel particolare come effettuare proprio la potatura, cominciando da quella di allevamento. Tutto inizia, in un certo senso, a partire dalla messa a dimora delle nuove piante acquistate. In questo caso, infatti, è opportuno agire già sulla chioma, riducendola e rendendola più adatta a tutto l’insieme che non è ancora particolarmente sviluppato. Inoltre è bene eliminare da subito anche rami e radici spezzati. Considerate, comunque che, se sono state scelte delle piante sane e forti, gli interventi iniziali sono veramente limitati.
Fatte queste premesse, le migliori forme di allevamento sono tre, fusetto, palmetta e doppio asse. Con il fusetto ci troviamo davanti a una pianta con un tronco principale da cui partono, a 60 o 80 centimetri di altezza, cinque o sei branche laterali. Le piante, nel caso di un frutteto piuttosto numeroso, devono essere poste a una distanza di un metro una dall’altra. Andando più nel particolare per quanto riguarda proprio la tecnica di potatura, diciamo che, in questo caso, devono essere eliminati i rami concorrenti della cima. Questo intervento, in modo particolare, aiuta a rendere più breve il periodo iniziale d’improduttività della pianta. Durante tutta la fase di allevamento, poi, la lunghezza dei rami destinati a formare la chioma deve essere ridotta a un terzo rispetto quella iniziale. In questo, modo, infatti, si stimola la crescita.
Nel caso, invece, della tecnica a palmetta, le piante vengono fatte crescere una accanto all’altra in parete. La chioma ha una forma larga e appiattita che consente alla luce di entrare nel migliore dei modi, oltre a sfruttare al meglio lo spazio. Comunque sia, questo tipo di allevamento si trova nelle coltivazioni ampie su larga scala in cui è applicata la raccolta meccanizzata. In questo caso, infatti, essendo le piante poste ad una distanza di 1,5 o 2 metri, è possibile fare passare le macchine agricole senza problema. Per quanto riguarda la forma da dare alla chioma, come la tipologia di allevamento suggerisce, deve essere a palma. Per ottenere questo risultato bisogna andare ad agire sul primo palco di branche, lasciando solo due o tre rami vigorosi sull’astone. Tutti gli altri, invece, vanno eliminati.
Il terzo tipo di allevamento è quello a doppio asse. Questo ha molti punti in comune con quello a palmetto. L’unica differenza è l’assenza di un astone principale. In questo caso, infatti, la forma della pianta è ottenuta raddoppiando l’asse centrale. I due elementi, ovviamente, devono essere sani e vigorosi e posti in modo simmetrico. Su di questi, poi, vanno mantenuti i rami anticipati e abbastanza corti.
Chiudiamo con la potatura di produzione che deve essere diversa a seconda dell’età del ramo su cui si va a agire. Gli elementi di appena un anno sono improduttivi, quindi devono essere sottoposti a un diradamento drastico per mantenere solo gli elementi che, per lunghezza e robustezza, possono essere adatti alla fruttificazione. Sui rami di due anni di età, invece, è possibile trovare lamburde fruttifere in un numero eccessivo. Per questo motivo, dunque, devono essere diradate. I rami, invece, dovranno mantenere una lunghezza di 40 o 50 cm. I rami di tre anni, infine, sono quelli che hanno già fruttificato e fiorito. Quindi si consiglia di eseguire un taglio di ritorno per una nuova produzione.