In questa guida spieghiamo come coltivare la Plumbago Auriculata.
Indice
Coltivazione
L’introduzione di Plumbago auriculata sulla terrazza è stata dovuta al fortuito incontro con un venditore ambulante, che per la fretta di chiudere la sua bancarella offriva ad un prezzo irrisorio le poche piantine che gli erano rimaste. Fra queste, fui attratta da uno striminzito rametto verde, dal quale occhieggiavano boccioli di una bellissima sfumatura cobalto. Portai a casa la piantina e la sistemai in un vaso che era rimasto vuoto dopo il trasloco di una rosa diventata troppo grossa per quella posizione. Poi me ne dimenticai, ormai era autunno inoltrato e in inverno la terrazza diventa troppo fredda per poterci lavorare. A marzo rividi la piantina, poco più di un ramo secco, ma decisi di lasciarla, in attesa di comprare qualcosa di diverso. Ad aprile la piantina cominciò a ricacciare e le diedi fiducia. A maggio prometteva assai bene. A giugno aveva già coperto quasi tutta la parete alle spalle del vaso e a luglio cominciò una fioritura gloriosa, che straripò come un’onda azzurra su tutte le piante vicine e si protrasse fino ai primi freddi. Da allora ogni anno la pianta ripete, instancabile, lo stesso rituale, senza mai ammalarsi di nulla, anzi crogiolandosi e godendo dell’infuocato sole estivo come solo la Pandorea ricasoliana è riuscita a fare da me, che io ricordi.
Si tratta di un arbusto di origine Sudafricana (da quelle zone sono venute molte piante interessanti), credo sia chiamata anche P. capensis proprio per questa sua provenienza.
I lunghi rami flessuosi si prestano ad essere guidati lungo un muro o una spalliera, come si farebbe per un rampicante. Le foglie sono allungate; i fiori, prodotti in estate in mazzetti, hanno colore che definirei blu cobalto chiaro. Seccandosi, restano attaccati al loro picciolo e acquisiscono una consistenza appiccicosa; accudendo la pianta sicuramente si finirà per ritrovarsi i capelli “decorati” di bocci sfioriti. In inverno il fogliame secca, ma tende a restare attaccato ai rami, il che rende l’aspetto del Plumbago non proprio gradevolissimo in questa stagione. In ogni caso, per tagliare e sistemare la pianta io preferisco aspettare febbraio, quando potrò capire meglio quale parte della vegetazione, definitivamente rovinata dal freddo, occorre eliminare. Di solito pratico delle potature piuttosto drastiche, la pianta comunque ricaccerà con vigore.
L’esposizione è soleggiata (anzi, più lo è, meglio è). Il contenitore è una cassetta di terracotta sistemata a ridosso del muro sul quale la pianta si arrampica, di dimensioni 100x50cm., condivisa con una rosellina rampicante. Il terriccio è di tipo universale; le concimazioni generose: a fine autunno e fine inverno, con stallatico maturo, durante la stagione vegetativa con Nitrophoska o altri prodotti simili. Contribuiscono ad arricchire il terriccio alcuni gatti di passaggio. La cassetta è sistemata dietro ad altre, che offrono durante l’estate un’ombra rinfrescante alla base della pianta e al suo contenitore. Ho visto che in estate l’ombreggiatura della base delle piante e dei relativi vasi sembra avere un effetto molto positivo sulla salute delle piante stesse, oltre a ridurre la velocità con cui il terriccio asciuga per effetto del calore.
Accostamenti
La Bougainvillea glabra ‘Sanderiana’ è una buona compagna per la classica Plumbago capensis, a dire il vero talvolta un po’ pallida. Il suo viola brillante la tira un po’ su di tono. Viceversa, se la Plumbago è quella a fiore scuro (‘Bleu Foncé’ o ‘Chessinghton Blue’), sta molto bene con la Tecomaria capensis ‘Apricot’, per un contrasto particolare ma nient’affatto male. Oppure la varietà ‘Aurea’, a fiore giallo. Ancora, Pandorea jasminoides, la classica a fiore con centro porpora scuro…. Parliamo sempre di compagne che condividono le stesse esigenze della Plumbago.
Si potrebbe anche pensare, estremizzando, ad una “monocoltura” di Plumbago nelle diverse forme cromatiche, per una parete dal bianco all’azzurro scuro.
Rusticità
Semirustica/delicata. Con il freddo il fogliame secca e alcuni rami vanno perduti. Ho l’impressione che il gelo prolungato possa impedire alla pianta la ripresa primaverile.
Malattie e parassiti
A volte, a fine inverno/inizio primavera, condizioni di umidità persistente possono favorire attacchi di muffa bianca sul fogliame avvizzito. Si è sempre rivelata sufficiente alla cura una ripulitura manuale della parte, con eventuale eliminazione delle vecchie foglie e dei rametti più colpiti. Migliorare l’aerazione.