In questa guida spieghiamo quali sono i metodi per ottenere un bonsai.
Indice
Raccolta in Natura
Prima di spiegare come si preleva in natura una pianta per bonsaizzarla è doveroso ricordare che in italia tale azione viene punita dalla legge sia con un’ammenda pecuniaria sia con processo penale, tuttavia ci sono zone e circostanze dove viene permesso l’espianto di piante, quindi prima di operare informatevi nel vostro comune tramite la guardia forestale quali siano tali zone e come operare in termini di legge.
Il prelievo in natura avviene durante la primavera quando le gemme incominciano a gonfiarsi, quindi andremo a scavare attorno alla base dell’albero creando un cerchio avente il diametro di circa 30-45 cm e 30 di profondità dopodichè faremo leva con la vanga per allargarlo leggermente.
All’interno del cerchio precedentemente delineato andremo a circoscrivere un secondo cerchio avente un diametro di 7,5 – 15 cm con la profondità di 30 cm.
Aiutandoci con una paletta andremo ad eliminare la terra fra i due cerchi e con l’aiuto di un bisturi o di una forbice molto affilata andremo a tagliare le radici mozzate accidentalmente dalla vanga, ricordando che i tagli più grossi andranno spennellati con prodotti cicatrizzanti per accelerare la guarigione delle ferite.
Con premura e perizia andremo a scavare sotto al pane radicale creatosi, una volta estratto il blocco di terra e radici deve esser avvolto con carta da giornale bagnata o sfagno e poi nel politene.
Una volta arrivati a casa poteremo lasciando qualche foglia ( conifere a parte ) e adageremo l’intero pane radicale con la sua terra all’interno di una cassetta di legno aggiungendo un substrato drenante ma che trattenga anche umidità, poi fisseremo la pianta con tiranti fissati ai lati della cassetta.
Attorno al pane radicale ci si aiuterà con i bastoncini per eliminare le sacche d’aria, una volta terminata l’operazione di rinvaso porteremo il tutto in una zona ombrosa, all’inizio si consiglia di annaffiare con soluzioni alla vitamina B1 la quale aumenta il tasso di sopravvivenza, bagnate solo il terreno perchè le foglie vanno nebulizzate con semplice acqua. L’albero è come se fosse una talea gigante, per cui il trattamento è simile: la percentuale di acqua viene alimentata nebulizzando sulle foglie, ma mantenendo il terriccio umido piuttosto che fradicio . Si annaffia quando il terriccio è asciutto evitando sempre e comunque di bagnarlo troppo, è buona cosa usare un fungicida ogni 15 giorni. Ora per 1 un anno ( si ipotizza 1 anno, in realtà dipende dalla specie, età e stato di attecchimento ) non effettueremo nessuna altra operazione se non quella dell’annaffiatura, concimazione ( sempre nei periodi idonei e comunque dipende sempre dallo stato di salute della pianta e dello stato di attecchimento ).
Questo è semplicemente uno schema di esecuzione, sarà il bonsaista ad adattare il procedimento in base alle dimensioni e specie della pianta.
Margotta
La moltiplicazione per margotta è una delle tecniche di riproduzione più vecchie, usate nel campo del giardinaggio; essa si basa sulla capacità delle specie arboree di produrre radici da tronchi e rami. Come visto precedentemente, nell’albero esistono dei canali che portano la linfa dalle radici alle foglie e, una volta elaborata, dalle foglie a tutte le parti dell’albero. Ogni albero, inoltre, è munito di cambio, che può produrre indistintamente foglie o radici, a seconda che sia esposto all’aria o interrato, e del livello di umidità ambientale presente. Affinché il cambio possa iniziare a produrre nuove cellule, è necessario stimolarlo, rallentando o interrompendo lo scorrimento della linfa. L’albero per sua natura stimola questa zona chimicamente con l’ingrossamento del tronco e la produzione di rami e radici. Qualsiasi parte di un tronco o di un ramo interrato è quindi in grado di emettere radici, ma se si volesse accelerare questo processo è necessario applicare la tecnica della margotta aerea. Nell’arte bonsai si utilizza soprattutto la margotta aerea, poiché più adatta all’ottenimento del materiale adeguato allo scopo. La buona riuscita di una margotta dipende molto dalle condizioni della pianta da trattare, più vigorosa si presenterà, maggiori saranno le possibilità di riuscita. La tecnica si applica preferibilmente in primavera/estate.
La prima fase di questa operazione è quella di praticare due tagli ad una distanza di circa 2 cm uno dall’altro sulla sezione di tronco che si è scelta, successivamente si asporta la corteccia che si trova tra i due tagli e si incide leggermente sino al midollo del legno, senza tagliare in profondità il tronco.
Il tutto verrà ricoperto con sfagno, che va precedentemente preparato immergendolo in acqua e poi strizzato. Per vincolarlo alla pianta verrà legato e ricoperto con un foglio di plastica trasparente, che sia stato perforato per garantire la ventilazione, lasciando la parte superiore aperta per consentire l’annaffiamento.
Il radicamento verrà incoraggiato soprattutto dall’assenza di luce, ma anche dalla disponibilità di ossigeno e da umidità e calore sufficienti. Il calore sarà l’elemento base affinché il radicamento avvenga, per cui la margotta dovrà essere esposta in modo da ricevere i raggi del sole. Il tempo di radicamento varia, a seconda della specie, da un minimo di un mese ad un massimo di due anni. Tuttavia, la margotta verrà separata solo quando si sarà certi di una buona radicazione, durante la primavera o l’autunno. Per il rinvaso, si utilizza un composto costituito da: 70% di akadama e 30% di sabbia di fiume, mentre come drenaggio si può impiegare del lapillo vulcanico. Per evitare di danneggiare le radici appena emesse dalla margotta, si rinvasa nel nuovo contenitore mantenendo parte dello sfagno esistente, allentandolo in modo da disporre le radici orizzontalmente.
Specie | Stagione | Tempo per radicare |
Acer (Acero) | Estate | 2-4 mesi (secondo la varietà) |
Azalea (Azalea) | Primavera | 3 mesi |
Crategus (Biancospino) | Estate | 5 mesi |
Buxus (Bosso) | Primavera | 3 mesi |
Camellia (Camellia) | Primavera | 4 mesi |
Carpinus (Carpino) | Estate | 5 mesi |
Cedrus (Cedro) | Primavera | 5 mesi |
Chamaecyparis (Cipresso) | Primavera | 4 mesi |
Cydonia (Melocotogno) | Estate | 4 mesi |
Chaenomeles (Cotogno) | Estate | 3 mesi |
Cotoneaster (Cotognastro) | Estate | 3 mesi |
Cryptomeria (Cryptomeria) | Primavera | 2 mesi |
Hedera (Edera) | Primavera | 3 mesi |
Fagus (Faggio) | Estate – Inverno | 3 mesi |
Jasminum (Gelsomino) | Estate | 4 mesi |
Wisteria (Glicine) | Estate | 2 mesi |
Juniperus (Ginepro) | Primavera | 3-6 mesi (secondo la varietà) |
Ginkgo biloba (Ginco) | Estate | 3 mesi |
Magnolia (Magnolia) | Estate | 5 mesi |
Malus (Melo) | Estate | 3 mesi |
Punica granatum (Melograno) | Primavera | 2 mesi |
Zelkova-Ulmus (Olmo) | Estate | 1 mese e mezzo |
Mandorlo (Mandorlo) | Estate | 3 mesi |
Pyris (Pero) | Estate | 6 mesi |
Prunus avium (Ciliegio) | Estate | 3 mesi |
Picea (Picea) | Primavera | 6 mesi |
Pinus (Pino) | Primavera | 6-12 mesi (secondo la varietà) |
Potentilla (Potentilla) | Estate | 3 mesi |
Salix (Salice) | Estate – Autunno | 3 mesi e mezzo |
Taxodium (Tasso) | Primavera | 4 mesi |
Viburnum (Viburno) | Estate | 3 mesi |
Vitis (Vite) | Estate | 3 mesi |
Talea
La riproduzione mediante talea è piuttosto semplice e permette di ottenere buoni risultati in tempi brevi. Le talee da utilizzare sono di due tipi: quelle di legno semi-maturo della fine di agosto e quelle di germoglio, raccolte da primavera a fine estate, anche se sono da preferire le prime, poiché danno le maggiori possibilità di successo.
Alla fine dell’estate generalmente, la crescita dei germogli comincia a rallentare; a tale situazione si associa l’irrigidimento degli steli provocato dall’inizio del processo di lignificazione: proprio questa è la condizione ideale di una talea, poiché rispetto al germoglio verde è più robusta ed ha un diametro maggiore. Anche il periodo è quello appropriato, visto che ci sono ancora sufficienti ore di luce che evitano di dover ricorrere a serre o a lettorini riscaldati. In pratica ciò che viene prelevato sono i germogli che, non potati dall’autunno precedente, hanno raggiunto una lunghezza di circa 15 – 20 cm. Da questi germogli si elimina con un rasoio la parte apicale troppo tenera e quella finale eccessivamente dura. Alla porzione di germoglio che rimane vengono tolte le ultime due coppie di foglie, interrandolo poi obliquamente per 2-3 cm.
Il terriccio ideale è costituito da 80% di akadama e 20% di pozzolana, mentre sul fondo è bene stendere uno strato drenante di 2-3 cm per evitare ristagni d’acqua. Se il contenitore sarà posto al riparo dal sole, nell’arco di 2-3 settimane le talee radicheranno. Durante questo periodo si deve provvedere a frequenti nebulizzazioni, in modo da mantenere costantemente umido l’ambiente, condizione favorevole per la crescita delle talee.
Insieme all’emissione di nuove radici, si avrà anche la formazione di rametti alla base delle foglioline. Poiché queste nuove pianticelle dovranno attraversare l’inverno, nei momenti di freddo intenso sarà bene ripararle in casa o, se si tratta di varietà da esterno, in serra fredda. Il successo di questa operazione è determinato da più fattori, primo fra tutti la salute della pianta da cui è stato prelevato il germoglio, la vigoria dello stesso e le cure che gli verranno assicurate dopo il taleggio.
Semina
Il vantaggio della coltivazione da seme è che sin dall’inizio si può modellare la piantina nella forma desiderata, mentre lo svantaggio è che nei primi anni la crescita è molto lenta. I semi vanno raccolti in autunno, e inseriti in una busta di plastica che sarà da conservare in un luogo buio e asciutto. A metà febbraio dopo aver preparato il semenzaio con il composto ideale (1/3 di sabbia di fiume grossa, 1/3 di torba e 1/3 di akadama) si provvede alla semina, collocandolo al sole: nel giro di tre settimane i semi dovrebbero cominciare a vegetare. Gradualmente, mentre avviene il loro sviluppo, si possono selezionare le piante che appaiono più vigorose, eliminando quelle maggiormente debilitate. In circa tre-quattro anni, si ottengono delle piantine abbastanza formate per poterle trapiantare in vasi singoli di coltivazione ed essere lavorate a bonsai. Tecnica sconsigliata a meno che il bonsaista non abbia un’età giovane e si possa permettere di aspettare circa 10 anni ( per alcune specie molto di più )per aver un materiale decente da lavorare
Innesto
L’innesto è una tecnica molto diffusa, che in campo bonsaistico si usa non solo per la riproduzione di varietà particolari, ma soprattutto per aumentare il numero dei rami e per migliorare la struttura e la ramificazione degli stessi. Sicuramente un albero formato senza l’ausilio dell’innesto è da considerarsi di qualità superiore, ma se questa operazione fosse assolutamente necessaria, è bene conoscere a fondo le tecniche per decidere e pianificare accuratamente il lavoro.
In generale, per l’innesto si utilizza un nuovo germoglio o un ramo. Con il metodo chiamato innesto di gemma, si innesta soltanto un germoglio o una gemma, con il metodo chiamato innesto di punta o a spiga si innestano parti di rami con varie gemme. Dell’innesto di rami esistono due varianti: una che prevede l’innesto di rami dello stesso albero, l’altra che prevede l’innesto di rami di un albero diverso. È importante però ricordare che l’innesto è possibile unicamente tra varietà o specie appartenenti allo stesso genere o famiglia.
Questo tipo di operazione praticamente consiste nel porre a contatto il cambio dell’albero porta-innesto con l’innesto o marza. Per una buona riuscita è indispensabile che almeno il 50% dei cambi delle due parti siano perfettamente a contatto. L’esito positivo dell’operazione, dipende anche dalla rapidità con la quale si effettuano i tagli e si uniscono le estremità, perché se le due superfici dovessero asciugarsi i loro tessuti morirebbero, impedendone la saldatura. L’attecchimento dell’innesto avviene nel giro di qualche mese, ma perché si consolidi perfettamente è meglio attendere all’incirca un anno. Se durante questo periodo si verifica un rigonfiamento alla base dell’innesto, sarà necessario slegarlo per ripulirlo dalle eccedenze e richiuderlo nuovamente.