Inizio a parlare di Phalaenopsis perchè parlare di tutto quel che c’è da sapere su tutte le orchidee (o anche solo su qualcuna) è assolutamente eccessivo. Quella delle orchidee è infatti in assoluto la più vasta famiglia di piante da fiore con oltre 30.000 specie botaniche ed oltre 120.000 ibridi. Orchidee di ogni tipo sono diffuse in ogni parte del globo, dalla tundra artica, alle foreste equatoriali fino ai deserti, occupando quasi ogni nicchia ecologica disponibile ad una pianta terrestre.
In coltivazione, come qualsiasi altra pianta, ciò di cui hanno bisogno è luce, acqua, temperature e nutrienti in quantità che sia per loro confortevole. Dire tutto quel che si può dire è fin troppo, ed anche i consigli possono essere così tanti da diventare un’inutile massa di informazioni.
In particolare, le Phalaenopsis provengono dal sud-est asiatico; le varie specie botaniche sono diffuse nelle foreste pluviali dall’indocina al nord dell’Australia, ma sopratutto nelle isole indonesiane, Borneo e Filippine.
Voglio cercare di farr immaginare come crescono nel loro ambiente naturale, in modo che si capisca il perchè di certe stranezze e per evitare poi di dare indicazioni sterili tipo “fai così perchè lo dico io”. Il “perchè” in questo caso è molto meglio del “come”.
Indice
Ambiente
Prima di tutto la loro natura. Infatti, diversamente dalle piante che siamo abituati a vederci intorno, non vivono in terra, bensi aggrappate ai rami degli alberi, ovvero come “epifite”. Questo è possibile perchè ai tropici l’umidità atmosferica costantemente alta, permette a parecchie piante (orchidee, bromeliacee, felci e persino cactus) di sopravvivere con le “radici all’aria” senza disidratarsi. Inoltre, spesso i rami degli alberi sono dotati di vari “comfort”, come cuscinetti di muschi e licheni dove le piante epifite possono affondare le proprie radici.
Le stesse radici delle Phalaenopsis (come di molte orchidee tropicali) si sono adattate per catturare l’umidità atmosferica. Infatti, la radice vera e propria (filiforme) è ricoperta da uno strato spugnoso, chiamato velamen, che si impregna d’acqua ad ogni pioggia (oltre a ‘catturare’ quella atmosferica) e permette alle radici di assorbirla con tutta calma. Se è vero che le piogge sono frequenti ed abbondanti, è altrettanto vero che le alte temperature e la normale ventilazione fanno si che l’acqua evapori velocemente.
Quindi abbiamo un primo importante dato, che fondamentalmente è il presupposto principale per coltivare bene orchidee epifite: annaffiature frequenti ed abbondanti, ma rapida asciugatura del composto. In coltivazione un buon composto (di qualunque natura sia) dovrebbe asciugarsi in estate entro 2-3 giorni dalle annaffiature. Se impiega di più non va bene, anche perchè quando si arriva all’inverno diventa difficile che si asciughi in tempi non biblici.
Il composto dovrebbe inoltre lasciare ampi spazi per la circolazione dell’aria, in modo da permettere alle radici di respirare, assecondando la loro natura di radici aeree. Un buon composto che viene usato da decenni è la corteccia di conifera a pezzetti (beh, loro sono abituate di natura a viver aggrappate a cortecce di vario genere) con l’aggiunta di altri materiali che consentano un minimo di ritenzione idrica (pezzetti di spugna, perlite, il famigerato “sfagno”, eccetera).
Nelle foreste pluviali dove vivono queste benedette phalaenopsis, le temperature tipiche si attestano sui 30° di giorno, 24-25° di notte, per tutto l’anno o quasi. Sono sicuramente temperature piuttosto alte, ma non così alte come spesso siamo portati a credere.
Non esistono estate ed inverno, al massimo, in alcune zone, esistono la stagione umida e quella secca (che non è poi così secca). Mediamente si può pensare ad una stagione in cui piove 10 giorni su 30 (quella secca) ed una in cui piove 29 giorni su 30 (quella umida). Oltretutto, la stagione secca (nelle zone dove esiste) è anche quella in cui si registrano le temperature più ‘miti’ … anche 5° sotto la norma (eccapirai!). Volendo, là esistono inverni poco piovosi con temperature di 20-25° ed estati piovosissime con temperature di 25-30°.
Le foreste tropicali hanno una particolarità assoluta rispetto ai boschi nostrani, e questa è proprio l’abbondanza di piante epifite. Gli alberi si spingono verso l’alto in cerca di luce, mentre il sottobosco è spesso una selva di piante a cespuglio dalle foglie grandi e spesso variegate: anthurium, spatiphyllum, dieffembachia, eccetera. Il sottobosco è in pratica formato dalle “piante da appartamento”.
Tra il sottobosco e la volta degli alberi c’è ampio spazio disponibile su tronchi e rami per felci, orchidee, bromeliacee (in America) ed epifite varie, ciascuna delle quali si ricava la propria nicchia ad una certa altezza, ombreggiata da chi le sta sopra… E non è un’ombra da poco, visto che spesso ci sono 30 o 40 metri di foglie tra il sole ed il terreno. Diversamente dalle nostre latitudini, inoltre, le ore di luce sono pressochè costanti: 12 ore di giorno e 12 di notte per tutto l’anno, mentre qua si varia dalle 9 alle 16 ore circa.
Le Phalaenopsis vivono a metà strada, preferendo una posizione che sia un po’ più luminosa rispetto a quella degli Spatiphyllum, ma ben lontana dal sole diretto. In inverno le si può spostare in un posto anche più luminoso, e far prendere qualche ora di sole al mattino o al pomeriggio.
Nelle loro posizioni sugli alberi, i nutrimenti a cui hanno accesso non sono certo in grosse quantità. Detriti vegetali che rimangono negli incavi della corteccia o dei rami, un minimo di guano e poco altro. Quindi, le fertilizzazioni dovranno essere molto diluite.
Riproduzione
In natura le Phalaenopsis si riproducono da seme: esse infatti generano centinaia di migliaia di semi alla volta, e qualcuno pure germinerà. In coltivazione, o si semina in-vitro con tecniche da laboratorio, oppure nisba.
Meno male che le Phalaenopsis hanno altri modi per propagarsi. Uno dei più particolari è quello di fare nuove piantine (con foglie, radici e tutto quanto) direttamente sugli steli fiorali. Queste piantine, quando hanno almeno due o tre radici sui 10cm, possono essere staccate ed invasate per conto proprio.
A proposito degli steli: le Phalaenopsis (tutte o quasi) possono fare nuovi fiori sui vecchi rami: detto questo, per la famigerata potatura dei rami, fate voi. Anche perchè le piante faranno nuovi rami, sia che esistano ancora quelli vecchi, sia che questi siano stati tagliati.
In parole povere: in Italia è praticamente sempre o troppo caldo, o troppo freddo, o troppo poco umido, o c’è troppo sole, o ce n’è troppo poco. Un bel problema!
Fortunatamente, le Phalaenopsis sono molto adattabili, ed altrettanto fortunatamente le temperature che vanno bene a noi, vanno bene anche a loro.
Coltivazione
La coltivazione delle Phalaenopsis riflette semplicemente la loro natura di piante tropicali epifite. Esse non sono nè cactus, nè geranei, nè piante carnivore. Sono semplicemente orchidee, ed in ogni casa esiste almeno un posto dove possono trovare il loro ambiente per crescere e fiorire.
Gli errori più comuni (da evitare come la peste) sono i seguenti
-rinvasare la pianta in un vaso grande (perchè più il vaso è grande più il composto si asciuga lentamente).
-rinvasare la pianta in un “buon” terriccio universale (non sono piante terrestri).
-lasciare acqua stagnante nel sottovaso (le loro radici sono immerse nell’acqua solo durante la pioggia).
-dare “mezzo bicchiere d’acqua ogni giorno” (o eventuale variazione sul tema .. le frequenze delle irrigazioni cambiano da pianta a pianta e da stagione a stagione … mezzo bicchiere d’acqua passa attraverso il composto senza bagnarlo veramente).
-mettere la pianta al sole pieno o al buio assoluto (sono piante da sopra-sottobosco).
-lasciarla all’esterno in inverno (sono piante tropicali).
Ricapitolando: temperature dai 15-16° in su, luce abbondante ma non sole diretto, composto molto aperto in modo da consentire veloci asciugature e frequenti, abbondanti annaffiature.
Se possibile, sollevare il vaso dal piano di appoggio in modo da “ventilare” anche i fori di drenaggio, o farne un paio di nuovi sui lati.
Fertilizzazioni blande (un qualsiasi fertilizzante per piante verdi da appartamento diluito da 1/2 dose a 1/4 di dose rispetto alle indiccazioni dell’etichetta) ma costanti (ogni 1-2 settimane) nel periodo da aprile a novembre.
Mettetela pure in soggiorno (che di solito è l’ambiente più luminoso della casa), lasciatela pure nel proprio vaso (il composto ed il vaso sono più che adatti) e quando è asciutta portatela in cucina a fare il bagnetto. Si fa scolare bene l’acqua in eccesso e si riporta al proprio posto. Ogni tanto all’acqua per l’innaffiatura si aggiunge un pochino di fertilizzante.